Prima della scomparsa del padre Francesco Totti ha rilasciato un’intervista per “Vanity Fair” dove ha parlato del rapporto con Spalletti e della possibilità di tornare alla Roma. Di seguito le domande più importanti.
Il rapporto con Spalletti iniziò a compromettersi prima.
Voglio fare una premessa: l’allenatore sceglie chi mettere in campo in assoluta autonomia. È giustamente padrone delle decisioni e io non mi sono mai permesso di metterle in discussione né di contestarle. Poi c’è un discorso di umanità e lì le cose cambiano. Più mi impegnavo, più lui cercava la rottura, la provocazione, il litigio o il pretesto. Capii in fretta che in quelle condizioni proseguire sarebbe stato impossibile. Così, per la prima volta in 25 anni di Roma, tra gennaio e febbraio, mollai.
I suoi compagni non le stavano vicini?
Alcuni sì e altri no. Temevano la reazione del mister, che potesse dire: “Voi state con lui”. È triste? È brutto? Purtroppo è umano e i rapporti fraterni nel calcio sono ben pochi. Quell’ultimo anno comunque fu un incubo. Mi vedevo superare da giocatori che magari non si allenavano per tutta la settimana e poi la domenica erano in campo. In quei giorni iniziai a ripensare a come si comportava agli inizi, quando ero il capitano, il simbolo, il giocatore indiscusso. E capire che mi stavano dicendo: “Hai quarant’anni, fatti da parte, non rompere i coglioni”, mi fece male.
È vero che tra voi rischiaste lo scontro fisico?
«A Bergamo ci andammo pelo pelo e mancò davvero poco. Per fortuna non è successo».
Oggi gli stringeresti la mano?
«Nel calcio si sbaglia, sbagliamo tutti. Diciamo che dovrei capire in che luna sto quel giorno, come mi sveglio, se sono di buon umore».
Il suo domani è nella Roma?
«A oggi non ci penso. Ho un'agenzia di scouting, curo i ragazzi, mi diverto. Sono contento e faccio quello che mi piace».